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downshifting

Assumendo come termini di riferimenti il downshifting (e il conseguente downshifter, ovvero colui che attua la scelta di preferire una maggiore disponibilità di tempo libero al miraggio di possibili brillanti carriere professionali), va detto che su tale fenomeno si sono innestati studi sociologici tesi a comprendere la reale portata del cambiamento anche sotto l'aspetto puramente del costume all'interno di concetti ormai ampiamente diffusi come quelli concernenti la qualità della vita nell'era del consumismo.

 Lavorare meno, spendere meno, consumare meno… per avere di più: tempo per se stessi, per gli amici, per la famiglia. Per fare qualcosa di creativo, o anche, semplicemente, per oziare.
In America si chiamano downshifters, cioè individui che scelgono di “ridimensionare” gli imperativi del lavoro e del consumo per seguire vie alternative. Sono tanti, una rete di cittadini informati e consapevoli. In Italia questo stile di vita è stato battezzato “semplicità volontaria”.
La sua filosofia sostiene che molti nostri valori sono in realtà ossessioni deleterie. Per il successo ci danniamo l’anima asserragliati in ufficio, o sul famigerato treno del pendolare, inseguendo una chimera che alla fine ci lascerà a bocca asciutta. Per il consumo sprechiamo denari e risorse, tanto che fare shopping diventa quasi una seconda occupazione, senza mai chiederci se godremo davvero dei beni che acquistiamo.
Asceti rigorosi? No, i downshifters sono edonisti all’Epicuro, uno fra i loro filosofi preferiti: dicono che per godere veramente la vita dobbiamo liberarci dell’inutile, cioè di ogni fonte di stress e d’illusioni. Poche cose, quindi, per assaporarne meglio il piacere. Non a caso uno degli interessi da loro privilegiati è l’alimentazione: abbasso i fast food e i surgelati, per appagarsi nel cucinare e per meglio gustarsi le pietanze. La lentezza viene così rivalutata come la giusta andatura con cui affrontare la vita. Se resistiamo alle sirene che ci impongono di correre, riprendiamo fiato e riacquistiamo il senso di ciò che facciamo. Anche sul lavoro: contro la frenesia produttivista i downshifters applicano l’etica dell’artigiano, fare lentamente equivale a fare con cura e passione.
Qualche consiglio pratico per iniziare a rallentare: liberarsi delle carte di credito, e quindi dei debiti, esaminare i nostri acquisti settimanali ed eliminare almeno tre cose non essenziali. Poi piantare sul terrazzo verdure o fiori di cui prendersi cura, svegliarsi cinque minuti prima per farsi con calma la barba o il trucco. L’ex manager stressato Bruno Contigiani, fondatore dell’associazione L’arte di vivere con lentezza, ha persino stilato una lista di quattordici comandamenti, dei segnavia su un sentiero senza fretta.
L’ozio, ovviamente, gioca in tutto ciò un ruolo centrale: è la sapienza di stare bene senza affaccendarsi, il piacere mite del custodire spazi e tempi per sé. Niente di apparentemente più semplice e concretamente più difficile: l’ozio non è qualcosa di spontaneo, un semplice non fare, è un’arte da apprendere con esercizio, sia difendendoci dagli assilli sia allenando la mente alla giusta disposizione.
I downshifters hanno in questo diversi maestri: oltre al già citato Epicuro anche Henry David Thoreau, che lasciò la metropoli di Concord per ritirarsi due anni, dal 1845 al 1847, nell’isolamento di Walden Pond, e lì scrisse Walden, ovvero la vita nei boschi, un libro che descrive l’esperienza di liberazione da quelli che per il filosofo americano sono i falsi idoli mercantili della nostra società. Forse per raggiungere una maggiore serenità non è necessario rifugiarsi in un eremo sperduto, si può anche iniziare con lo svegliarsi cinque minuti prima e radersi con lentezza.

Siti:
www.vivereconlentezza.it
www.slowplanet.com
www.vivere-semplice.org
www.semplicitàvolontaria.wordpress.com